Strage di Piazza della Loggia 1974

Alle elementari, a 6 anni, capitammo in una quinta dove c’era una mostra sulla strage. La prima volta che vedevo immagini così crude… iniziavano gli anni di piombo… uno sparo in terza media ne decretò la fine (o giù di lì).

Era un poliziotto (tutto antiproiettile) di guardia alla sede nazionale della DC, che aveva fatto partire un colpo, per fortuna senza conseguenze, se non per un finestrino.

In mezzo ci fu il portate i bamini a casa hanno rapito Moro, i carabinieri col camion e il fucile in spalla alla Balduina che pattugliavano come a Belafast dopo l’omicidio di Walter Rossi e decine di TG che parlavano di “attentati” e “covi”.

Piazza Fontana nel 1969 diede il la, ma il 1974 fu l’inizio delle ostilità, ma per lo stato (minuscolo) non ci sono colpevoli.

Fini taglia con Berlusconi

Tutti a stracciarsi le vesti per questo politico che però è dovuto quasi arrivare a sessant’anni per capire che forse Mussolini non è stato il più grande statista di sempre, ma tant’è questo offre la politica italiana degli anni di Berlusconi. Di fronte a tanti mariuoli ci si entusiasma per il primo che sotanzialmente dice che forse stare al potere non consiste solo nello spendere soldi pubblici e potere in cocaina, prostitute/i, ville, ecc. immagino ci sarà in questo quadretto di probità anche il gioco  d’azzardo e chissà cos’altro… del resto la coprofilia nelle file della destra estrema ha sempre trovato grandi seguaci.

Mi piace ricordarlo così quando alla guida del popolino romano dei tassinari, di queli che devono bruciare gli zingari e i negri e dei ragazzetti che si facevano la boccia e si  mettevano il bomber con lo stemma tricolore per poco (con la benedizione di Berlusconi) non diventò sindaco di Roma (e stava nel MSI).

Ogni giorno ringrazio dyo di non essere laziale

Soprattutto dopo domenica scorsa… mentre la squadra biancoceleste si apprestava a perdere in casa con il Bari e a finire in una situazione di classifica alquanto preoccupante… il loro attaccante Zarate si sbracciava in (immagino inconsapevoli) saluti romani, mentre la curva veniva offerta alla strumentalizzazione della candidata alla regione Renata Polverini che sale sul vetro degli Ultras (più fascisti d’Italia) e si mette la sciarpa del gruppo.
Non che uno pensi che la massima dirigente dell’UGL (sindacato di area AN ex-MSI) non abbia un retroterra nella destra post-fascista… ma palesarlo così in campagna elettorale…?

zarate

polverini IRR

Ponte Galeria: di fronte a torture, abusi e segregazione, la rabbia, il coraggio e la dignità  dei prigionieri e delle prigioniere.

Sin dalle 11.00 del mattino, sabato 13 marzo 2010 è stata un’intensa giornata di lotta e di solidarietà, dentro e fuori il C.I.E. di Ponte Galeria.

Già prima di arrivare, alcune fermate della linea ferroviaria Roma-Fiumiciono che precedono la fermata “Nuova fiera di Roma” sono state invase da una miriade di foto raffiguranti l’interno dei nuovi lager della democrazia, per rendere direttamente percepibile cosa rappresentano i centri di identificazione ed espulsione.

Da subito l’ottusità poliziesca si è palesata con la richiesta di documenti e l’invito a interrompere l’attacchinaggio. All’arrivo di fronte al C.I.E., dai microfoni del sound è cominciato l’assedio sonoro che ha espresso le differenti voci dei/delle solidali in molteplici lingue. Da quel momento è andata sempre crescendo la comunicazione tra dentro e fuori.

Due le forme di sostegno diretto a chi è internato/a quotidianamente: la prima è stata una cassa benefit destinata alle spese processuali di Hellen e Florence, due delle ribelli condannate per la rivolta dello scorso agosto nel C.I.E. di Milano. La seconda è stata la consegna di due pacchi contenenti bevande e cibo che, solo dopo una pressione determinata da parte dei/lle solidali, sono stati lasciati entrare. Consegnare cibo “pulito” significa recapitare sostanze non contaminate da psico-farmaci, calmanti e simili.

Mentre da fuori crescevano le urla di rabbia, il coraggio e la voglia di libertà dei/lle prigionieri/e si è concretizzata in un’escalation di azioni che hanno portato a una vera e propria rivolta. Dapprima diverse colonne di fumo hanno iniziato a erigersi nel cielo da differenti punti all’interno del campo di concentramento. Poco dopo l’invisibilità dei/lle reclusi/e veniva infranta occupando fisicamente i tetti delle celle e lanciando al cielo urla, gesti, corse e danze liberatorie. Continua a leggere “Ponte Galeria: di fronte a torture, abusi e segregazione, la rabbia, il coraggio e la dignità  dei prigionieri e delle prigioniere.”

Avanti popolo

Morto il soldato della bandiera sul Reichstag

Abdulkhakim Ismailov, uno dei tre soldati sovietici immortalati in una famosa foto mentre innalzavano la bandiera rossa sul Reichstag di Berlino nel maggio 1945, è morto ieri all’età di 93 anni a Khassaviourt, in Daghestan,repubblica del Caucaso russo. Solo nel 1996, Ismailov aveva avuto il suo primo riconoscimento ufficiale, quando era stato invitato a Mosca al Cremlino, e l’allora presidente Boris Eltsin lo aveva insignito della Stella d’oro dell’Eroe russo “per il valore e l’eroismo dimostrato nella Grande Guerra patriottica”.
La foto è diventata una delle immagini simbolo della fine Seconda Guerra Mondiale. (tratto da Repubblica)

Storia di un combattente della Volante Rossa

volante rossaMassimo Recchioni
Ultimi fuochi di Resistenza
Storia di un combattente della Volante Rossa
Prefazione di Cesare Bermani
pagg. 160
€14
Editore: Derive e Approdi

Il libro
La biografia di un importante militante della Volante Rossa, un’organizzazione di ex partigiani comunisti milanesi appartenuti alle brigate garibaldine che negli immediati anni del secondo dopoguerra decisero di non deporre le armi e di continuare una vigilanza e una concreta attività antifascista quotidiana. Insediati presso la Casa del Popolo di Lambrate, e legati da solidi rapporti affettivi oltre che ideologici, i militanti della Volante Rossa furono operativi fino al 1949, anno in cui la polizia riuscì a sgominarli definitivamente. Nel 1951 il processo a loro carico si concluse con ventitrè condanne comprensive di quattro ergastoli. I condannati alle massime pene riuscirono, con il sostegno del Partito comunista, a riparare in Cecoslovacchia. A sessant’anni dai fatti narrati, la testimonianza del protagonista di questo libro è un documento di eccezionale importanza storica.
Un racconto di stupefacente linearità e chiarezza, una vicenda umana che esemplifica le contraddizioni etiche di una militanza comunista immersa nella realtà sociale e politica dei paesi del blocco socialista negli anni della Guerra Fredda. Il protagonista, successivamente graziato, risiede tuttora in Slovacchia. In Cecoslovacchia ha vissuto in presa diretta l’invasione sovietica del 1968 e il crollo del blocco socialista del 1989. La sua riabilitazione sociale con la piena riacquisizione di tutti i diritti civili è stata recentemente confermata dal Tribunale di Milano suscitando un vespaio di polemiche negli ambienti occupati a operare una «revisione» della storia della Resistenza antifascista.
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